Non c’è più tempo: pensare e realizzare un nuovo piano dell’offerta formativa nazionale per una scuola pubblica laica statale di qualità e ridurre l’abbandono scolastico e i Neet!
Quanti studenti con il giudizio sospeso si presenteranno preparati alla fine di agosto?
Forse sarebbe opportuno ripensare ad un processo di valutazione di fine anno per tutti gli anni delle scuole secondarie di secondo grado con un esame finale.
Dobbiamo alzare il livello qualitativo dei nostri studenti e portare l'obbligo a 18 anni. Con la possibilità, in corso d'opera, di reindirizzare gli studenti meno portati per lo studio, in indirizzi professionali, all'interno dello stesso istituto.
E' opportuno ripensare ad una scuola con tutti gli indirizzi di studio visto che la Legge 107/2015 a regime trasformerà gli insegnanti in docenti di materie dipartimentali.
Se la mia idea di scuola verrebbe ascoltata, gli studenti potrebbero rimanere nel proprio istituto e frequentare indirizzi del Liceo, Itis, Ite e professionali.
Gli studenti sono un patrimonio indispensabile, sono le riserve “auree” intellettive, sono il futuro del nostro Paese e abbiamo l'obbligo di prepararli, istruirli al meglio. Non lasciare nulla al caso.
Ridurremmo così l'abbandono scolastico e i NEET (“Not (engaged) in Education, Employment or Training” giovani che non studiano, non lavorano e non si formano professionalmente vivendo alla giornata senza fare nulla, in Italia nel 2014 erano il 21,4% dei giovani).
Se riuscissimo a realizzare un nuovo piano dell’offerta formativa della scuola pubblica laica statale, avremmo in prospettiva anche un maggior numero di docenti utilizzati in modo corretto offrendo loro la possibilità di insegnare la propria materia nei corsi più idonei.
La scuola secondaria di secondo grado pubblica laica statale così com'è strutturata non ha più senso!
Sono fondamentali anche le scuole serali, il piano dell'offerta formativa delle scuola del futuro (immediato) deve essere camaleontico e non deve essere solo un documento di facciata per pubblicizzare i propri indirizzi di studio.
Pragmatismo, professionalità, qualità, praticità e utilizzo delle aziende del territorio, per la parte laboratoriale. Gli studenti verrebbero affiancati dal proprio docente di laboratorio in tutti gli indirizzi di studio direttamente nelle aziende, studi professionali, fabbriche, strutture pubbliche mentre i docenti tutor di materie teoriche porterebbero gli studenti più bravi a seguire i corsi di approfondimento in Università.
Finalmente avremmo seriamente il collegamento tra scuola e azienda, e la scuola con l'università.
Rivediamo seriamente il processo scolastico, visto che la Legge 107 non è e non sarà in grado di migliorare la qualità dell'istruzione dei nostri studenti.
La “buona scuola” è stata approvata con il solito obiettivo di produrre tagli alla scuola pubblica laica statale, impoverendo la didattica e licenziando nei prossimi anni 200 mila insegnanti e 100 mila tra collaboratori scolastici, tecnici e amministrativi.
Rispondo a Valentina Aprea che vuole la chiusura degli istituti professionali statali in tutta Italia lasciando a casa senza lavoro 60 mila docenti.
Questi indirizzi di studi sono fondamentali e devono essere incentivati non cancellati. Sono un patrimonio della scuola italiana da più di un secolo e rimangono una grande opportunità per i nostri giovani.
L’ obiettivo dell’esponente di Forza Italia (come quello del PD ovviamente) è solo quello di ricevere i finanziamenti statali per girarli alle scuole private regionali dove molti insegnanti da anni, sono obbligati ad aprire la P.IVA, vengono pagati ogni sei mesi con stipendi da fame e rimangono senza diritti (niente ferie pagate, niente malattia pagata, niente permessi) ma con tanti obblighi come quello di promuovere spesso chi non dovrebbe essere promosso (altrimenti niente più lavoro), così i centri continuano a prendere i contributi regionali. Come già avviene in Lombardia.
La scuola pubblica laica statale deve garantire l’istruzione di qualità ai nostri studenti senza porsi limiti di spesa né di obiettivi. Solo così potremmo riuscire a far ripartire il nostro Paese. Investendo nei nostri giovani e non considerarli solo un costo “standard”!
Paolo Latella
Insegnante e giornalista
Segretario Unicobas Lombardia
DELEGHE/ Un documento aggiuntivo al diploma indicherà percorsi opzionali e alternanza. Via l’Invalsi da tutti gli esami e meno peso ai voti riportati nel corso degli anni. Dal prossimo anno le prove Invalsi non avranno valore ai fini degli esami di licenza media e di maturità e sarà dato minor valore ai voti riportati nel corso degli anni. Sono queste alcune delle novità più importanti dei nuovi esami conclusivo del I e del II ciclo. Le modifiche saranno introdotte dal governo tramite un decreto legislativo che sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale intorno al 15 gennaio prossimi. Il provvedimento sarà adottato in attuazione di una delega contenuta nella legge 107/2015. E il ministero dell’istruzione ha informato i sindacati sulle novità in un incontro che si è tenuto il 16 novembre scorso nella sede del dicastero guidato da Stefania Giannini. Ecco qualche dettaglio in più. Esame nel primo ciclo: Le prove Invalsi non faranno più parte delle prove di esame, ma saranno comunque somministrate a fini statistici e costituiranno requisito di accesso per l’esame. I test saranno effettuati prima del termine dell’anno scolastico e verteranno su tre materie: italiano, matematica e inglese. Il punteggio conseguito sarà inserito nell'attestazione delle competenze. Le prove scritte e il colloquio rimarranno sostanzialmente identici, ma saranno collegate al profilo finale previsto dalle indicazioni nazionali. Il presidente della commissione sarà lo stesso dirigente scolastico preposto all'istituzione scolastica sede di esame. L’esito finale dell’esame sarà deliberato dalla commissione mediante l’attribuzione di una lettera da A ad E sulla base di criteri di correzione e linee guida nazionali. In pratica, le lettere sostituiranno i vecchi indicatori pre-riforma: ottimo, distinto, buono, sufficiente, mediocre e scarso. La media dei voti del secondo quadrimestre non avrà più valore ai fini del voto finale dell’esame. Ammissione agli esami di Stato: Lo svolgimento delle attività di alternanza scuola-lavoro sarà requisito di ammissione all'esame e, in ogni caso, per essere ammesso agli esami, l’alunno dovrà avere almeno la media del 6. La partecipazione alle prove Invalsi sarà necessaria per essere ammessi, ma non farà parte dell’esame e non avrà valore per il voto finale. Le prove Invalsi saranno a carattere nazionale, di italiano, matematica e inglese. La prova sulla comprensione e uso della lingua inglese attesterà i livelli di apprendimento in coerenza con il quadro comune europeo di riferimento per le lingue. Credito e punteggio finale: Il credito scolastico relativo al percorso di studi inciderà fino a un massimo di 40 punti (12 per il terzo anno, 13 per il quarto anno, 15 per il quinto anno). Le 2 prove di esame fino a 20 punti ciascuna e il colloquio fino a 20 punti. Commissione: La commissione continuerà ad essere costituita secondo le norme attuali, che non hanno subito alcuna modifica a seguito dell’avvento della legge 107/2015. Prove di esame: La prima prova scritta nazionale accerterà la padronanza della lingua italiana. La seconda prova scritta nazionale verterà su una delle discipline caratterizzanti l’indirizzo di studi (per gli istituti professionali una parte della seconda prova sarà predisposta dalla commissione in coerenza con l’offerta formativa della scuola). Infine, il colloquio servirà ad accertare il conseguimento delle competenze relative al profilo dello studente e la capacità argomentativa e critica del candidato a partire da un testo o da un documento scelto tra le proposte elaborate dalla commissione e comprenderà l’esposizione delle attività svolte in alternanza. I documenti finali: Il diploma finale recherà i risultati prove d’esame, i voti d’ammissione ed eventuali lacune riscontrate in sede di scrutinio per l’ammissione e gli esiti prove Invalsi Al diploma sarà allegato un documento con gli esiti prove Invalsi (in alternativa alla scelta di inserimento nel diploma), l’esito di eventuali percorsi opzionali, certificati di competenze rilasciati da aziende o enti in cui si è svolta l’alternanza scuola–lavoro) e altre certificazioni esterne conseguite dallo studente link: http://unicobaslodi.blogspot.it/2016/11/deleghe-scuola-via-linvalsi-da-tutti.html Fonte originale: rassegna stampa: Italia Oggi - articolo di Carlo Forte foto del Sole24ore: http://i2.res.24o.it/images2010/Editrice/ILSOLE24ORE/ILSOLE24ORE/2015/02/23/Politica%20e%20societa/ImmaginiWeb/Ritagli/5ddb06ba8e85e7f3695a2a469b7bcdc2-kTEE--672x351@IlSole24Ore-Web.jpg
La Confederazione Italiana di Base (CIB) UNIcobas, della quale è parte l'AltrascuolA Unicobas, è una importante organizzazione di ispirazione libertaria presente in diverse categorie e su larga parte del territorio italiano, da diversi anni in Lombardia con sede regionale a Lodi.
Si fonda sull'autogestione dei lavoratori. In campo scolastico promuove il riconoscimento della libertè d'insegnamento dei docenti e della libertà di apprendimento degli studenti per un pieno riconoscimento della scuola come istituzione pubblica chiamata a promuovere i saperi, a partire da quelli critici, umanistici, scientifici.
L'Unicobas ha scritto nel 2008 il disegno di legge sul nuovo stato giuridico dei docenti presentato alla Camera e al Senato dall'Italia dei Valori.
Contiene le Norme per l'istituzione di un'area contrattuale specifica per il comparto della scuola nonché del Consiglio superiore della docenza, e altre disposizioni in materia di organizzazione scolastica come l'elettività dei presidi e l'anno sabbatico d'aggiornamento.
È per noi dell'Unicobas una scelta obbligata quella di cambiare radicalmente lo stato giuridico dei docenti e definire il ruolo degli Ata, questa volontà è stata supportata dall'Italia dei Valori che ha portato in Parlamento il disegno di Legge sopra citato.
Questa scelta nasce da un'attenta analisi della situazione della scuola pubblica italiana, delle dinamiche intercorrenti tra i diversi attori della stessa e, in particolar modo, dello statuto e della natura professionale dell'attività docente che, nell'attuale situazione normativa, risulta particolarmente penalizzata, deprezzata e di conseguenza con sempre più scarso riconoscimento sociale.
Nella prima fase del nostro Stato unitario, sono stati adottati, dai governi, cinque stati giuridici degli insegnanti e tutti, tranne quello del 1906, sono sempre stati collegati a processi più generali di riforma della scuola; hanno, in un certo qual senso, portato con sé un'idea di scuola, una filosofia del processo d'insegnamento e di apprendimento.
Nel passato più recente, invece, è stato favorito un lento ma progressivo processo di burocratizzazione della professione docente, caratterizzato da sempre più frequenti imposizioni amministrative e gerarchiche. Tutto ciò è frutto di indebite invasioni di campo, anche da parte delle organizzazioni sindacali tradizionali che hanno debordato persino sulla formazione iniziale e in itinere (come nel caso del contratto del '95, «a punti» legati all'aggiornamento), nonché di una costante latitanza degli organi legislativi e di una sorta di subordinazione delle stesse associazioni professionali nei confronti dei sindacati.
In questi ultimi vent'anni il Parlamento ha approvato, infatti, una serie di leggi che hanno inciso profondamente sulla condizione degli insegnanti, considerandoli, però, essenzialmente «indistinti dipendenti pubblici», alla stregua di tutti gli altri impiegati dello Stato:
Oggi si impone un'inversione di marcia per abbandonare la concezione burocratica dell'identità docente che porta a: stipendi modesti, poca preparazione dei docenti, assenza di valutazione del merito individuale, scarsa stima da parte di famiglie e studenti.
La strada da seguire è quella che porta all'esaltazione della professione: conoscenza verificata e in continuo aggiornamento della materia insegnata, stipendio parificato alle fasce superiori europee, riconquistata dignità di funzione agli occhi di famiglie e studenti.
Sorge la necessità di un profondo ripensamento in termini culturali e organizzativi di tutto il comparto scuola e, in particolare, del modo di intendere l'esercizio della funzione docente.
La società del terzo millennio ha necessità di «professionisti della conoscenza» (knowledge workers) che facciano riferimento ai loro enti di rappresentanza e non alla burocrazia ministeriale.
La professione docente è segnata da tre elementi: alta specificità del ruolo istruttivo ed educativo, autonomia e autoreferenzialità rispetto a valutazione e selezione dei professionisti che non vengono giudicati da altri enti, etica e deontologia elaborate fra gli operatori del settore.
Il mondo della scuola possiede una particolarità rispetto al resto del mondo del lavoro. In esso si insegna e si apprende e non si tratta neanche di mera trasmissione del sapere, bensì si sviluppa e ricrea il sapere stesso, almeno per quanto attiene alle strategie dell'istruzione, dell'educazione e della formazione.
Nella scuola non si costruiscono manufatti industriali, né si svolgono mansioni di tipo burocratico. Lo specifico prevalente è quello della funzione docente, che non è funzione d'impresa, né di tipo impiegatizio: proprio per questo l'assetto normativo e contrattuale attuale è assolutamente inadeguato.
La Costituzione della Repubblica definisce scuola e università quali «istituzioni» (e la cosa non ha solo un rilievo terminologico, perché stabilisce una linea di demarcazione rispetto ai «servizi»), ma esse hanno due assetti contrattuali differenti: dell'università è stato creato un ibrido, dove i docenti hanno un contratto di natura pubblica e le altre figure lavorative un contratto privatizzato; nella scuola, invece, esiste solo la privatizzazione del rapporto di lavoro: la scuola, quindi, è stata trasformata in un «servizio» e i docenti in impiegati.
Ma il momento dell'interazione metodologico-didattica non è affatto l'erogazione di un servizio; gli insegnanti non sono pompe di benzina e gli alunni non sono automobili di passaggio da riempire di nozioni.
La figura del docente non è quella di chi attende ad un servizio, bensì quella di un ricercatore di percorsi formativi e culturali, e il titolo di studio non è un «atto dovuto», come la certificazione di un'analisi del sangue, bensì il risultato di un'interazione personale e didattica, di un percorso di vita e di ricerca.
Proprio da questa innegabile constatazione sorge la necessità di un profondo ripensamento in termini culturali e organizzativi di tutto il comparto scuola e, in particolare, del modo di intendere l'esercizio della funzione docente.
Nel disegno di legge, anche per il personale Ata, in particolare ai collaboratori scolastici, agli aiutanti tecnici e al personale di segreteria, è riconosciuto, con il primo contratto utile successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, il ruolo di coadiutore educativo con riferimento alle attività esercitate dal medesimo personale relativamente alla sorveglianza degli alunni nonché alla gestione della sicurezza, della strumentazione informatica e dei laboratori.
Ecco i punti per cui secondo noi la Legge 107/2015 è incostituzionale...
Ecco 13 possibili ricorsi contro la legge 107 - Gratuito patrocinio per coloro che hanno un reddito inferiore a 11.600 euro annui.
Per aderire ai ricorsi in Lombardia contatta Paolo Latella oppure invia una mail alla segreteria Unicobas all'indirizzo unicobas.lombardia@gmail.com.
La battaglia legale contro l'applicazione della L. 107/2015 entra ora nel vivo. La legge è palesemente anticostituzionale, assolutamente in contraddizione con le normative (pattizie e non solo) relative allo stato giuridico dei docenti e crea una serie infinita di disparità di trattamento. Questa serie di ricorsi scopre solo la punta dell'iceberg di un contenzioso senza fine, al quale, nel silenzio generale delle altre OOSS, aggiungiamo una specifica nuova 'casistica' ogni giorno che passa. Con questi ricorsi, contiamo di far rinviare alla Corte Costituzionale questa legge inemendabile. L'Unicobas continuerà con determinazione a fare la sua parte anche sul piano giudiziario, con la stessa determinazione che ci ha portato, solo quest'anno, ad ottenere quattro importanti ed innovative sentenze.
Con sentenza emessa il 4.6.2015 il Giudice del Lavoro, per la prima volta, trattandosi di una controversia sulla quale la giurisprudenza non si è ancora pronunciata, ha riconosciuto il diritto del personale scolastico assunto a tempo determinato ai miglioramenti economici, i cd. gradoni, previsti in occasione di ogni rinnovo della contrattazione collettiva del comparto "Scuola" ed ha liquidato a tale titolo € 10.730,00 pro-capite. È stato affermato il principio secondo il quale la ricostruzione di carriera deve avvenire non in base ai parametri ai quali è solito attenersi il MIUR, ma sulla scorta dell'intero precariato, ivi compresa la maggiorazione stipendiale correlata al terzo anno di servizio disconosciuta dall’accordo del 19.11.2011.
Il Giudice di legittimità, con sentenza del gennaio 2015, ha accertato che ai precari è dovuto, dopo il terzo rinnovo del contratto, il risarcimento del danno esistenziale, quantificabile presuntivamente, in funzione del patema d'animo, personale e familiare, correlato all'incertezza del rinnovo del contratto a termine, dell'eventuale sede di destinazione, degli orari di cattedra, etc. Sempre nel Gennaio 2015, è stato accolto il ricorso per la cessazione della trattenuta del 2,5% sulle retribuzioni mensili del personale stabilizzato, a far data dall'1.1.2001, nonché della restituzione del maltolto (interessi compresi), in materia relativa alla differenza di trattenuta fra TFS e TFR.
Infine, con sentenza del 3.12.2015, altro Giudice di merito ha riconosciuto il risarcimento degli scatti non percepiti, ad altri precari, nel periodo intercorrete fra il 1o Ottobre 2004 ed il 30 Novembre 2014, liquidando loro circa 9.000 euro a testa, con piena vittoria di spese ed onorari.
L'Unicobas nel recente passato ha guidato grandi lotte, come quella contro la valutazione e la differenziazione salariale dei docenti prevista a base di quiz, che portò in piazza 50.000 insegnanti in occasione di uno sciopero proclamato dal sindacalismo di base (che nella scuola è rappresentato quasi unicamente da Unicobas e Cobas), lotta che determinò le dimissioni del ministro della pubblica istruzione Berlinguer.
Sin dalla sua nascita nel 1990, con il suo primo congresso del 1991, nonché con il Convegno Internazionale di Roma del 1998 - al quale, tra le altre organizzazioni europee, era presente la CNT francese - ha dato largo spazio e importanza alle tematiche internazionali, riconoscendo nel meccanismi della globalizzazione mercificatrice un elemento di grande pericolo per i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori europei e di tutto il mondo.
L'Unicobas sostiene la necessità di giungere ad una forma stabile di coordinamento fra le realtà sindacali libertarie e di base a livello europeo, capace di produrre comuni scadenze di lotta, segnatamente per affermare il diritto di sciopero, i diritti sindacali e la titolarità del mondo del lavoro.
L'Unicobas sostiene che il coordinamento europeo fra i sindacati realmente di base, possa essere l'unico soggetto capace di contrastare la ristrutturazione liberista e di imporre forme di decisione e partecipazione diretta a carattere sindacale totalmente autonome dai partiti ed in grado di rappresentare un reale modello di cambiamento rispetto alla politica dominante.
La CIB Unicobas conta cinquemila iscritti, più della metà dei quali nel settore della scuola. È presente anche in altre categorie: metalmeccanici, sanità, pubblica amministrazione, servizi. Particolarmente attiva nella difesa dei lavoratori precari, è tra i promotori della campagna nazionale per la regolarizzazione, nonché per il ripristino della scala mobile, un meccanismo automatico di riadeguamento retributivo al costo della vita.
Presso la sede regionale della Lombardia a Lodi (viale Pavia 28/a - cell. 3386389450) è disponibile l'attività di consulenza gratuita per gli iscritti Unicobas, il prof. Paolo Latella è comunque disponibile (previo appuntamento) a supportare il personale docente e non docente per le seguenti problematiche: